È l’unico tuttora esistente dei cinque monasteri che hanno dato il nome alla via. La piccola chiesa, di forma moderna, conserva due statue lignee policrome risalenti al secolo XVI, l’una raffigurante la Madonna, l’altra Sant’Anna. Per oltre due secoli, dal 1565 al 1797, vi era collocato anche il celebre quadro della Madonna di Foligno di Raffaello, eseguito nel 1512 su committenza dell’umanista folignate Sigismondo Conti, donato alle monache da una nipote del committente; tornato in Italia nel 1816, dopo essere stato requisito dai Francesi, esso si trova oggi nella Pinacoteca Vaticana. Il monastero, in parte ristrutturato nel 1729, conserva molto dell’antica struttura ed è ricco di opere d’arte, in prevalenza di pittori folignati del Quattrocento. Sopra la porta di ingresso, nel cortile di accesso, dentro una elegante cornice a motivi floreali, è un affresco con la Vergine in trono con Bambino tra Sant’Anna, la beata Angelina e angeli, opera di Pierantonio Mezzastris. Sulle pareti a fianco sono, a destra, San Pietro d’Alcantara, a sinistra, Madonna col Bambino (frammentaria) e San Diego d’Alcalà, opere di Ippolito Lemmi da Coceto. Nel contiguo parlatorio, Flagellazione e Incoronazione di spine, affreschi della prima metà del XVII secolo recentemente attribuiti al romano Vespasiano Strada.

Pregevolissimi sono i due chiostri interni.

Nel primo chiostro, databile a fine Trecento – inizi Quattrocento, due cicli di dipinti decorano le lunette e la fascia inferiore delle pareti. Realizzati entrambi in monocromo, con l’eccezione dell’ottava lunetta che presenta la figura di sant’Anna, risultano affrescati in diverse fasi, ma facenti parte di un unico progetto. Il ciclo superiore, risalente al 1518, raffigura Scene della vita della Vergine e di Cristo e presenta suggestioni pittoriche derivate da più autori (Perugino, Pinturicchio, Signorelli, Verrocchio, Ghirlandaio). Il ciclo inferiore, più tardo e in peggiore stato di conservazione, raffigura Episodi della Passione, attribuibili ad almeno tre diverse mani di artisti.

Anche il secondo chiostro, in un vano aperto, conserva una serie di affreschi databili tra la fine del XV secolo e gli inizi del XVI: ricordiamo solo San Francesco che riceve le stigmate, di Pierantonio Mezzastris (1487) e una Pietà e angeli, attribuita da alcuni a Lattanzio di Nicolò, figlio dell’Alunno.

Il pozzo in muratura è quattrocentesco. Attraverso una scaletta si accede al nucleo originario del monastero, legato al nome del fondatore, il beato Paoluccio Trinci e noto come oratorio della beata Angelina, adornato con affreschi di Giovanni di Corraduccio e della sua bottega, databili alla seconda metà del terzo decennio del Quattrocento. Il crocifisso ligneo si colloca, invece, nei secoli XVI-XVII. Nella lunetta che sovrasta la porta d’accesso è una Madonna del Rosario e santi, contornata da Scene della vita di Cristo, datato 1591.

Nel primo ambiente del monastero, attribuito anch’esso a Giovanni di Corraduccio (si tratta di una delle sue prime opere) è l’affresco raffigurante l’Allegoria della Croce, da cui si dipartono dodici rami recanti iscrizioni sorrette da figure di profeti. Da qui a sinistra si accede al refettorio, affrescato da uno stretto collaboratore di Giovanni di Corraduccio, Andrea di Cagno o il figlio Pietro di Mazzaforte, con scene di banchetti. Tornati nel primo ambiente, si passa nel primitivo coro, risalente al secolo XV. Segue il coro cinquecentesco, all’interno del quale si possono ammirare una Natività (1544) di Dono Doni, un’Adorazione dei Magi (1567) di Niccolò Circignani detto il Pomarancio e infine una tavola con la Crocifissione (1600) firmata da Vitale Maggi, un pittore baroccesco.

Ritornati nel secondo chiostro e superata una porta che reca scolpito l’anno 1549, si passa ad uno spazio aperto, lungo e stretto, la cosiddetta “via interna”, che collega la parte del complesso tuttora destinata a monastero e il nuovo complesso ricettivo, realizzato su tre livelli utilizzando alcune preesistenti case quattrocentesche. Alcuni locali del pianterreno avrebbero costituito la casa del pittore Niccolò Alunno. Nel primo di questi ambienti si può ammirare un affresco, con monogramma di San Bernardino, raffigurante un putto che sorregge una cartella con la scritta PAX HUIC DOMUI ET OMNIBUS HABITANTIBUS IN EA. HAE DOMUS NOVAE FUERUNT FINITAE MCCCCLXXIII.

Nell’ambiente contiguo, su un reggitrave, è una Crocifissione con la Madonna e San Giovanni, considerata opera giovanile dell’Alunno e nello strombo della finestra numerosi graffiti con appunti, memorie e figure in abiti quattrocenteschi. Pare che lo studio del pittore occupasse un terzo ambiente dove si possono ammirare un frammento di affresco raffigurante un Angelo, forse dipinto dallo stesso Alunno, e diversi graffiti con ritratti di lui e della moglie, indicati dai rispettivi nomi, Niccolò e Caterina.

Al primo piano si segnala quanto resta di un elegante camino decorato a stucco, con sovrastante affresco del XVI secolo e tre stemmi gentilizi; al secondo piano tracce di cospicue decorazioni della prima metà del XV secolo.

Da un antico butto del monastero, completamente bonificato e ristrutturato e oggi divenuto sala conferenze, sono stati recuperati materiali ceramici di grande interesse (secc. XV-XIX).

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